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Automazione del deployment

Automazione del deployment dell’infrastruttura IT: un caso di successo internazionale

Poter configurare e dispiegare in maniera flessibile, agile e rapida l’infrastruttura IT laddove è richiesta per il funzionamento delle piattaforme digitali è un requisito importante anche per le società multinazionali che forniscono servizi di messaggistica aziendale, oggi sempre più utilizzati da molte imprese per comunicare con i propri clienti. Le imprese usano infatti sms, e-mail, app e altri servizi di comunicazione per veicolare offerte, promozioni, e rispondere alle richieste di assistenza e supporto provenienti dagli utenti finali, che interagiscono con il brand attraverso vari canali digitali. 


Modernizzare i processi di configurazione manuali

Un’azienda multinazionale che fornisce servizi di business messaging a migliaia di aziende nel mondo, e opera attualmente tramite diverse sedi in Europa, Stati Uniti e Australia, ha potuto innovare e automatizzare il provisioning dell’infrastruttura richiesta per il funzionamento dei propri servizi di messaggistica nei vari paesi, affidandosi alla consulenza, alle soluzioni e ai servizi sviluppati da Sourcesense

In principio, l’infrastruttura di questa multinazionale, inizialmente attiva solo in Italia, veniva gestita ancora artigianalmente attraverso vari processi di configurazione manuale. Poi, circa otto anni fa, Sourcesense ha cominciato ad amministrare le operazioni di configuration management dell’infrastruttura della società, introducendo anche architetture software basate su microservizi, sull’orchestratore di container Kubernetes, e su pratiche di integrazione continua (CI).


Replica dell’infrastruttura: la tecnologia Ansible per la gestione delle configurazioni

A un certo punto, per supportare a livello tecnologico la propria strategia di espansione all’estero, l’azienda ha manifestato l’esigenza di replicare i componenti (server, storage, networking) dell’infrastruttura italiana, e di automatizzarne il deployment su cloud Azure in Australia, in modo da amministrare localmente con maggior facilità i sistemi IT in quell’area del mondo, e servire meglio i clienti. 

Naturalmente, per massimizzare il livello di automazione nel provisioning dell’infrastruttura su cloud Azure, si è reso necessario implementare l’approccio infrastructure as code (IaC), per il quale Sourcesense ha identificato la tecnologia Terraform.

Tuttavia, essendo le attività di configuration management dell’infrastruttura gestite attraverso la piattaforma Ansible, già ampiamente conosciuta e utilizzata in modalità molto avanzata dai team IT della multinazionale per la configurazione degli host, Sourcesence ha scelto di mantenere l’uso di tale piattaforma. Nell’inventory di Ansible vengono quindi definite, in modalità dichiarativa, tutte le informazioni infrastrutturali richieste sia per la configurazione delle singole macchine virtuali e delle relative risorse (hard disk, memoria), sia per la completa configurazione del networking (sottoreti, virtual private network, regole di sicurezza) dell’infrastruttura. 

Una volta definite le configurazioni, il provisioning viene amministrato grazie a codice Ansible, sviluppato appositamente da Sourcesense per leggere le informazioni di configurazione e convertirle nel codice Terraform necessario per il deployment dell’intera infrastruttura.


Sedi in Regno Unito, deployment dell’infrastruttura in due giorni

Dopo il successo della prima implementazione, che ha richiesto alcune settimane per lo sviluppo da zero del codice Ansible, la multinazionale ha deciso di usare tale codice per dispiegare ex novo un’altra infrastruttura su cloud Azure in una seconda sede in Australia. In questa seconda implementazione, il deployment dell’intera infrastruttura, configurata e funzionante, ha richiesto soltanto una settimana e mezza.  

Successivamente, visti i positivi risultati, l’azienda ha deciso di replicare la stessa infrastruttura in due differenti sedi in Regno Unito, una per il funzionamento del sistema in produzione, e una da utilizzare come sito di disaster recovery (DR). In queste implementazioni, le operazioni di configurazione e provisioning dell’infrastruttura hanno richiesto solamente una paio di giorni, accelerando notevolmente la velocità rispetto alla tradizionale modalità di amministrazione. Una quinta implementazione è stata completata, sempre in Regno Unito, per realizzare il sistema di disaster recovery dell’infrastruttura italiana.


L’impatto dell’approccio IaC su risparmio di energia e sostenibilità dei servizi

Grazie alla metodologia IaC, che consente la definizione e il versionamento dei vari componenti, è possibile mantenere una storia di tutti i cambiamenti apportati all’infrastruttura, ed eseguire velocemente qualsiasi intervento di ulteriore modifica della stessa nelle differenti sedi nel mondo.

In aggiunta, nell’ottica di risparmiare sui costi di utilizzo del cloud Azure, le procedure di replica e allineamento dell’infrastruttura di produzione nei siti di disaster recovery sono anche in grado di rilevare quando le macchine sono spente. I server vengono quindi accesi per eseguire i deployment, effettuare i test di corretto funzionamento, e poi rispenti per ottimizzare i costi del sito di DR. Il tutto avviene in automatico, senza necessità di personale dedicato.


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