Per capire il valore della software intelligence, si potrebbe immaginare il software come una città fatta di strade, palazzi, servizi e tantissime persone che ci lavorano ogni giorno. Una città in cui tutto funziona ed è ben collegato, dove si ha visibilità di cosa va e cosa può essere migliorato. Finché la città non si allarga. Il suo sistema di strade e palazzi a quel punto diventa vasto e complesso, e avere il controllo sul suo funzionamento non è più così semplice.
È quello che può accadere al software di un’azienda, soprattutto se consideriamo l’esternalizzazione a più player e il turnover di fornitori tra i vari cicli di gara.
Per fortuna la software intelligence arriva a gestire anche questo tipo di criticità. Se prima infatti l’analisi del software rimaneva a un livello più superficiale, un po’ come guardare la città dall’alto senza poter vedere da vicino i singoli quartieri, oggi si è evoluta per dare risposte utili a tutti i livelli: non solo ai team tecnici, ma anche alle aree di operation e management. Vediamo come!
Il concetto di Software Intelligence non è un concetto nuovo. Inizia a farsi strada già negli anni ‘70 soprattutto nel perimetro SAS (Statistical Analysis System) e data analysis, con strumenti e know-how focalizzati su query, performance e pratiche di programmazione. Le attività erano perlopiù manuali, su sistemi monolitici o mainframe, senza capacità di mappare automaticamente dipendenze complesse o di correlare eventi operativi.
Negli anni ‘90 viene rilasciato il primo prodotto di analisi semantica del codice, ma è solo nei primi anni 2000 che il termine software intelligence trova posto nel linguaggio tecnico e si definisce formalmente come pratica a supporto delle decisioni lungo il ciclo di vita del software.
Oggi la software intelligence ha il compito di “vedere dentro”, capire cosa fa ogni pezzo di software e quali sono i suoi punti critici. Può essere una specie di “assistente intelligente”, che - con l’aiuto di Intelligenza Artificiale e knowledge graph - collega i dati tecnici ai veri bisogni di un’organizzazione.
La software intelligence è diventata indispensabile per ricavare insight strutturali e operativi dal codice e dalle applicazioni e permettere di governare sistemi software complessi. Un'evoluzione dettata dalle regole più stringenti come il GDPR e dai sistemi aziendali sempre più articolati, pieni di piccoli servizi che si intrecciano, spesso usando codice di terze parti.
In origine i KPI tecnici misuravano fenomeni “esterni” al codice (performance, difetti, tempi), ma la necessità di decidere su qualità, rischi e modernizzazione, ha spinto verso tecniche che ricostruiscono automaticamente struttura, dipendenze e semantica del software, trasformando le metriche in comprensione navigabile del codice.
Inizialmente si faceva affidamento su “metriche” come copertura dei test o numero di bug. Numeri che però raccontano solo una parte della storia. Man mano, infatti, le metriche sono state sostituite.
Il salto è avvenuto combinando mining dei repository, analisi statica/dinamica e visualizzazioni architetturali, poi integrate con l’AI per generare mappe e insight utilizzabili anche da team non tecnici.
La software intelligence cambia allora prospettiva: inizia a mostrare più informazioni, a restituire risposte utili: oltre al numero dei problemi, intercetta dove si annidano e quali interventi possono avere più impatto sul business. Dà suggerimenti pratici e spiega in modo semplice cosa potrebbe accadere se si modificasse una parte del sistema.
I knowledge graph aiutano a rendere il sistema più intellegibile e governabile. Un tempo erano numeri: tempi di risposta, percentuali di errore, throughput. Poi è arrivata l’idea che questi numeri, da soli, non bastassero. Così sono nati i knowledge graph moderni, eredi delle reti semantiche degli anni ’70 e consacrati dall’era del Google Knowledge Graph nel 2012 come mappe capaci di dare contesto all’informazione. Rappresentano, infatti, il software come una rete di entità e relazioni (moduli, servizi, chiamate, eventi) e consentono una comprensione del codice strutturata.
L’incontro con l’AI è stato naturale: i grafi portano struttura ed esplicano relazioni, l’intelligenza artificiale porta inferenza, previsione e linguaggio. Il risultato è una nuova “intelligenza del software”: una rappresentazione interrogabile e spiegabile di come un sistema funziona davvero. In pratica, i dati di telemetria diventano un grafo della conoscenza su cui l’AI ragiona, suggerisce azioni e rende trasparenti i perché.
Nel quotidiano di chi sviluppa piattaforme digitali, questo si traduce in topologie aggiornate in tempo reale, correlazioni causali e risposte operative più rapide. Si legano transazioni, log, metriche e tracce a una mappa di dipendenze. Sul grafo si applicano modelli predittivi e causali per identificare il guasto, stimarne l’impatto e orchestrare la remediation. È la differenza tra guardare lo specchietto retrovisore e guidare nella “città” con un navigatore che vede la rete stradale, il traffico e la destinazione.
Sul fronte della comprensione del codice, prende forma la stessa logica: il software diventa un grafo multilivello di entità e relazioni che l’AI può percorrere per spiegare, ad esempio, perché un refactoring è rischioso o come migrare un componente al cloud.
Insieme, AI e knowledge graph trasformano l’osservabilità in comprensione e la comprensione in decisione. Aprono la strada a sistemi che si spiegano, si prevedono e si migliorano quasi da soli. E oggi è questa l’intelligenza che serve: contestuale, causale, verificabile.
Con la software intelligence ogni riga di codice, ogni chiamata, ogni anomalia viene tracciata, correlata e raccontata come un radar sul traffico creando insight sfruttabili sia da DevOps che da governance e compliance.
In una pipeline DevOps la software intelligence trasforma metriche e log in una mappa navigabile della città evidenziando colli di bottiglia, rischi e opportunità di automazione. Errori che prima emergevano solo in produzione, ora diventano alert proattivi, supportati da motivazioni dettagliate e suggerimenti sul da farsi.
Alla governance offre una visibilità mai vista prima: blueprint architetturali si aggiornano in tempo reale, i flussi di dati e le dipendenze sono esplicitati, la conformità agli standard (ISO, GDPR, sicurezza) verificata costantemente. Le regole non sono più documenti statici, ma semafori intelligenti che segnalano deviazioni e come “guidare con prudenza”.
Sul fronte compliance, non più audit retrospettivi basati su check manuali, ma insight automatici e documentabili: ogni violazione, ogni potenziale rischio è contestualizzato con la sua origine, percorso e impatto, pronto per essere filtrato, analizzato e corretto prima che diventi un problema.
Alcuni settori più di altri hanno tutto da guadagnare con la software intelligence. Parliamo di ambiti in cui ogni giorno avvengono innumerevoli transazioni, si gestiscono dati sensibili, in cui il software - spesso sviluppato da system integrator diversi - è scarsamente documentato. In questi mondi si è soggetti a regolamenti stringenti e una minima inefficienza, una violazione, un downtime o un debito tecnico possono avere impatti immediati e pesantissimi su reputazione, conformità e continuità operativa.
Nel banking, ogni operazione, dal bonifico alla gestione di portafogli digitali, produce una scia di dati e codice. La software intelligence osserva, collega, previene frodi e garantisce compliance: le transazioni sono tracciate in tempo reale, anomalie e vulnerabilità evidenziate prima che si trasformino in incidenti. Compliance e regolamenti come PSD2, GDPR o le norme antiriciclaggio non sono più ostacoli, ma semafori intelligenti nella pipeline dei processi.
Nel mondo telco, dove milioni di chiamate, dati e servizi cloud transitano ogni minuto, la software intelligence trasforma l’infrastruttura in una rete “parlante”. Riconosce guasti, ottimizza performance ed efficienza.
Nel mondo delle assicurazioni, la software intelligence accompagna la digitalizzazione dei prodotti, garantisce il rispetto delle normative, la sicurezza dei dati
LogicLens AI combina Generative AI e Knowledge Graph del software per eseguire problem determination, impact analysis, risk/compliance check. Genera knowledge graph per offrire risposte a diversi livelli di profondità integrandosi con ticketing e incident management. È progettato per analizzare interi sistemi software e fornire insight a business e operation, oltre che ai team di sviluppo.
Permette di:
Si tratta di uno strumento versatile che si applica a diversi contesti e semplifica la vita a team di sviluppo, operation, project manager.
Quando un utente o il supporto di primo livello segnala un problema, spesso la
descrizione è vaga, incerta, confusa. Qui la software intelligence interviene traducendo queste segnalazioni in diagnosi tecniche chiare, evidenziando esattamente quali componenti sono coinvolte e suggerendo le cause probabili. Questo consente agli esperti di intervenire rapidamente e con precisione, riducendo i tempi di fermo e le incertezze.
Nel momento in cui si deve valutare l’impatto di un incidente o di una modifica (ad esempio una nuova funzionalità, una richiesta evolutiva o la migrazione di un servizio), la piattaforma offre strumenti di “impact analysis” che stimano in tempo reale le conseguenze su servizi, dati, integrazioni e team. Project manager e analisti, anche senza accesso diretto al codice, possono così pianificare strategie, stime di budget e risorse con maggiore sicurezza.
Infine, tra le applicazioni più pratiche e innovative, spicca la capacità di generare diagrammi di sequenza e di flusso a partire da semplici descrizioni testuali. Questo rende immediatamente visibili le interazioni tra i componenti, i canali e le persistenze, il che facilita la collaborazione tra team e la comprensione del sistema anche ai non esperti.
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